Lucy in the Sky with Diamonds, Storia già pubblicata su EFP

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Grizabella
view post Posted on 17/10/2010, 15:04




Lucy in the Sky with Diamonds

Solamente un disegno


Martedì 28 Febbraio 1967

-John, io esco!- Urla Cynthia.
-Ah. E dove vai?- Le grida di rimando John, senza distogliere lo sguardo dal pentagramma che aveva in mano.
-A prendere Julian all’asilo!!- È la risposta quasi indignata della moglie.
-Ah. E chi è Julian?- Domanda John disattento, mentre tiene in bilico sulle ginocchia la chitarra, seduto sullo sgabello davanti al piano, la matita in bocca e il pentagramma tra le mani.
-JOHN! È nostro figlio!!- Strilla Cynthia quasi in lacrime.
-Ah, sì.. giusto. Bene, brava.. vai.- John afferra al volo la chitarra che stava per cadere fragorosamente sul pavimento.
Mentre Cyn esce si sente un rumore da far accapponare la pelle, seguito dal rimbombo per la casa dalle pareti strette.
-CAZZO!!- Si sente dopo poco urlare John.
Cynthia sospira. Deve essergli caduta la chitarra.
Scuote la testa ed esce. Da un certo periodo di tempo suo marito è piuttosto strano: dopo essere andato l’anno precedente ad una mostra d’arte moderna ti una tizia giapponese mezza fumata, almeno quanto hanno detto i giornali, una certa Kyoko Pono, o Koyo Noo.. o forse era Yoko Ono?? Non importa, dopo essere andato alla mostra di quella lì non era più lo stesso.
Già non era tanto a posto di suo: ma lui era John Lennon, non è mai stato molto a posto; ma ora, con aggiunto lo stress da “blocco del compositore” era quasi insopportabile!
Cosa voleva dire “Chi è Julian????!” Era la prova tangibile del loro amore, ecco chi! Il loro figlio; quello per cui lui era arrivato dopo la vacanza in Spagna con Brian, e quello che aveva preso in braccio ridendo e piangendo di commozione allo stesso tempo dicendo
“Chi diventerà un piccolo rocker come papà?? È maledettamente bello, Cyn”.
Quello che portava il nome al maschile di sua madre. Di Julia.
Ecco chi era Julian.
Cynthia varca la soglia del cortile dell’asilo e subito viene bloccata da alcune mamme che le rivolgono un milione di domande, a volte piuttosto indecenti, su John.
-Allora, Cynthia.. come sta John?-
-Cynthia! Ma John è veramente tuo marito?-
-A quando il prossimo successo dell’affascinante John Lennon?-
-Ma Julian è vostro figlio?- Si intromette una mamma.
Tasto sbagliato, in quel momento.
-No, è il nostro cane…- Sbotta Cyn, allontanandosi.
Un bimbo biondo le corre incontro.
-Jules!!!!- Girda Cynthia accucciandosi e aprendo le braccia per stringerlo a sè.
Il bimbo la abbraccia e poi la guarda negli occhi. Gli stessi occhi di John.
Lei distoglie lo sguardo.
-Che hai mamma?- Chiede preoccupato Julian.
-Niente, amore. È per tuo padre, è di nuovo in blocco lavorativo..-
-Oh.. gli ho fatto un disegno.. dici che lo potrà aiutare?- Domanda Julian triste.
-Lo spero tanto, piccolo. Lo spero tanto.- Gli accarezza i capelli e sospira, prendendolo per mano e avviandosi verso casa.

***


Appena arrivato a casa Julian corre verso lo studio di suo padre ed entra cautamente.
-Papà?- Sussurra.
-Mh??- Borbotta John, senza alzare la testa dal pentagramma.
-La mamma mi ha detto che hai un blocco lavorativo..- Continua Julian, per niente infastidito dalla brusca reazione di John; ormai ci era abituato.
-Ah, sì? Beh e che ne sa lei?- Sbotta suo padre, girandosi.
Poi alla vista di Julian, di cui probabilmente aveva inteso la presenza in quel momento, si addolcisce e sorride. Non aveva nessuna colpa dei problemi tra lui e Cynthia.
-Allora, piccolo, dicevi?-
-Beh, io.. ti ho fatto un disegno..- Bisbiglia Julian, un po’ triste.
-Ah, sì? E quale Jules?- Domanda John, dolce.
Julian gli porge un foglio piegato a metà, e lui lo apre: era un disegno a pastelli, raffigurava una bambina bionda che volava, o almeno così sembrava, in un cielo azzurro. Ma attorno vi erano delle stelle, era notte, allora.. o no?
-Bello! E dimmi, chi è questa ragazzina qui? Ti piace?- Sorride John. Dolce, piccolo, caro Julian. Tutto suo padre.
Il bimbo arrossisce –NO! No.. è una mia compagna di classe, Lucy. È Lucy nel Cielo con i Diamanti.-
E indica le piccole stelle.
John fissa il disegno per qualche minuto, senza effettivamente vederlo, tanto che Julian preoccupato lo tocca sul braccio.
-Papà?-
-EUREKAAAAAAAAAAAA!- Grida John, cominciando a saltellare per la casa con un Julian piuttosto frastornato in braccio, povero bambino..
-Che succede, John?!?- Cynthia si blocca sulla porta, stupita quanto Julian.
-Amore amore amore.. Julian mi ha suggerito un’idea per una nuova canzone!! Grazie Jules, grazie!- John lo baci su entrambe le guance, poi lo posa a terra e corre da Cynthia.
La abbraccia e la bacia, poi si fionda sullo sgabello e freneticamente comincia a scarabocchiare sul pentagramma.
Julian esce dalla stanza, e mentre esce passa accanto a sua madre.
-Mamma?- Sussurra lui.
Ma Cynthia è arrossita, sorridente e sulle labbra si sente ancora quel bacio, felice come non mai.
Il bimbo scuote la testa ed esce, fiero della temporanea tregua tra i suoi due genitori.

__________


ED ECCO IL PRIMO CAPITOLO DI UNA MIA VECCHISSIMA FIC GIA' PUBBLICATA SU EFP...CHE NE PENSATE?

Edited by Grizabella - 17/10/2010, 16:31
 
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;Ruby
view post Posted on 17/10/2010, 22:29




Mi piace. *___*

Però c'è una piccola imprecisione: a prendere Julian dall'asilo fu John, non Cynthia. (;

Koyo Noo poi è mitica. XD

Continua presto.
 
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Julia L. Penny ~
view post Posted on 18/10/2010, 00:10




Oddio, è bellissimo! ç_ç
Mi sto commuovendo!!!

SPOILER (click to view)
Kyoko Pono

Ah bhe, sei un genio u.u


xD ma come ti chiami su EFP!? XD
 
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Grizabella
view post Posted on 18/10/2010, 12:12




CITAZIONE (Julia L. Penny ~ @ 18/10/2010, 01:10)
xD ma come ti chiami su EFP!? XD

Marty_youchy
grazie, comunque :eheh:

CITAZIONE (;Ruby @ 17/10/2010, 23:29)
Mi piace. *___*

Però c'è una piccola imprecisione: a prendere Julian dall'asilo fu John, non Cynthia. (;

Koyo Noo poi è mitica. XD

Continua presto.

Ops... ecco, vedi?? Non ero abbastanza documentata,allora... <_< vabbè, spero possiate perdonarmi :ehm:
 
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Grizabella
view post Posted on 2/11/2010, 19:10




IL SECONDO CAPITOLO!

SPOILER (click to view)
Dietro lo specchio

Picture yourself in a boat on a river,

With tangerine trees and marmalade skies

Somebody calls you, you answer quite slowly,

A girl with kaleidoscope eyes.



Tutto veniva da se; le parole, la musica… non sapevo esattamente a cosa stessi pensando. Al disegno di mio figlio? Forse…
Forse anche a qualcos’altro, non ho ancora capito, però, effettivamente a cosa..

Disegna te stesso in una barca sul fiume,
Con alberi di mandarino e cieli di marmellata.


Mentre correvo verso gli studi di Abbey Road le frasi che poco prima avevo scritto in fretta e furia mi turbinavano in mente; sembravano più una fiaba per bambini: alberi di mandarino, cieli di marmellata… ma mi piacevano.

Qualcuno ti chiama,
tu rispondi con molta lentezza,
Una ragazza con occhi di caleidoscopio.


Una ragazza con occhi di caleidoscopio… beh, questa è la prova che stare troppo in compagnia di George non fa bene.

Cellophane flowers of yellow and green,

Towering over your head.

Look for the girl with the sun in her eyes,

And she's gone.


Mi facevano pensare ad un mondo fantastico, fuori dagli schemi un po’ come lo ero io, in fondo.. ma era diverso.

Fiori di plastica gialli e verdi
Torreggiano sul tuo capo.


Volevo che in questa canzone i bambini si ritrovassero, potessero volare con le ali della fantasia; alle bimbe cui bastavano dei semplici fiori di plastica gialli e verdi per intrecciare un sogno, una storia, per tenerli sul capo e sentirsi delle piccole principesse; per tutti quelli che adoravano i libri di Lewis Carrol…


Cerca la ragazza col sole negli occhi,
E scopri che è andata via.



Già.. chi non ha mai letto Alice nel Paese delle Meraviglie? Tutto così surreale, eppure così tanto strano da sembrare vero..
Quei libri mi attirano, come ora mi attirano le persone capaci di tornare bambine, di pensare ancora a mondi colorati e popolati da creature magiche e surreali; capaci ancora di sognare.

Lucy in the sky with diamonds.

Lucy in the sky with diamonds.

Lucy in the sky with diamonds.


Cosa volevo veramente?
Forse volevo che qualsiasi persona capace di tornare sui propri passi gridasse al mondo che diventare adulti non significava abbandonare i sogni?
Chi non ha mai viaggiato con la fantasia?

Lucy nel cielo con i diamanti

Chi non ha mai sognato di volare? Di librarsi leggero con la purezza e la semplicità di un bimbo, per staccarsi dal mondo reale?
Spesso chi lo fa poi inevitabilmente cade.
Non i bambini, non noi, non le persone che ancora provano gioia nel leggere ai propri figli i libri di favole.

Follow her down to a bridge by a fountain

Where rocking horse people eat marshmellow pies,

Everyone smiles as you drift past the flowers,

That grow so incredibly high.


Finalmente ho capito…Grazie Julian, grazie Lewis Carrol.
Era tutto scritto dentro di me; ci voleva un disegno, un semplice pensiero di un bambino, così libero dai pregiudizi di oggi, per sbloccarmi. Dietro allo specchio è il nome del libro che mi ha dato l’ispirazione, il via per scrivere una canzone diversa da molte altre.

Seguila fino a un ponte presso una fontana
Dove della gente su cavalli a dondolo
mangia torte di caramella,


Sì, è vero. Capisco poco a poco per chi la sto scrivendo. Per tutti voi, inguaribili sognatori. Per chi vuole pensare che dietro al proprio specchio ci sia un mondo fantastico…

E sorride quando ti apri un varco tra i fiori

…per chi sarebbe capace di andarci…

Che crescono così terribilmente alti.

…per chi l’ha già tovato.


Newspaper taxis appear on the shore,

Waiting to take you away.

Climb in the back with your head in the clouds,

And you're gone.



La musica si accompagna dolcemente alle parole; ogni tassello del puzzle vola al proprio posto, incastrandosi perfettamente.
Sono quasi arrivato ad Abbey Road, ma non smetto di correre…

Taxi fatti di giornali appaiono lungo la spiaggia
E aspettano di caricarti


Ma io, cosa volevo davvero trasmettere ai fan dei Beatles?
Non lo so, forse semplicemente un’inno al nonsense, al poter ridere,

Tu ci sali

Al salire su un muretto,

con la testa tra le nuvole

a spalancare le braccia,

E parti.


…a saltare giù.

Lucy in the sky with diamonds

Lucy in the sky with diamonds

Lucy in the sky with diamonds


Volevo che, all’uscita di questa canzone, ogni persona, grande o piccola, alzasse lo sguardo verso il cielo,

Picture yourself on a train in a station,

With plasticine porters with looking glass ties,

Suddenly someone is there at the turnstyle,

The girl with the kaleidoscope eyes.


Disegna te stesso su un treno in una stazione
Con facchini di plastilina
e traversine che sembrano di vetro


cercando un movimento di capelli biondi, di un vestitino; che se non lo avesse trovato subito avrebbe aspettato…


E a un tratto ecco qualcuno
avvicinarsi al cancelletto girevole


… che alla fine avrebbe visto una manina spuntare dalle nuvole,
seguita da una manica di un vestito verde speranza,


La ragazza con occhi di caleidoscopio.

E poi da una bambina, con il volto incorniciato da capelli biondi, due occhi azzurri che brillavano tra i batuffoli bianchi del cielo, circondata da piccoli diamanti scintillanti.
Lucy.

Lucy in the sky with diamonds

Lucy in the sky with diamonds.

Lucy in the sky with diamonds.

Lucy in the sky with diamonds.



Lucy nel cielo con i diamanti

per tutti quelli che non hanno paura a mostrarsi per quello che sono,

Lucy nel cielo con i diamanti

Per tutti quelli che sono rimasti un po’ bambini

Lucy nel cielo con i diamanti

Per chi stanotte sognerà di volare

Lucy nel cielo con i diamanti

Per chi guarderà in alto e cercherà un luccichio tra le nuvole.



****


Ciao ragazze!! Non so che dire; spero di non aver rovinato la storia con questo capitolo…
È così che mi sono immaginata John mentre correva da Paul, George e Ringo per annunciare loro di aver scritto una nuova canzone: finalmente felice che ogni cosa trovasse da sola il proprio posto.
Spero di essere apprezzata!! =)
Baci.
Marty


IL SECONDO CAPITOLO!! :D grazie ad Ale e a Giulia!! :)


IL TERZO CAPITOLO!

SPOILER (click to view)
Tra acido e stelle

John entrò negli studi di Abbey Road, e non stupì affatto di trovare tutti e quattro i suoi compagni di avventure –Paul, George, Ringo e George Martin (personalmente sono d’accordo con chi lo definisce il “Quinto Beatle”) - già riuniti: mancavano pochi mesi all’uscita del loro nuovo album Sgt.Pepper’s Lonely Hearts Club Band e avevano registrato appena quattro canzoni; senza contare il fatto che non sapevano ancora come impostare la copertina.
Paul, come al solito, stava saltellando sul posto con il basso in mano, sfoderando il suo meraviglioso sorriso; George stava curvo sulla chitarra, seduto sulla sedia, alla ricerca degli accordi per Within You Without You; Ringo tamburellava distrattamente sulla batteria ascoltando George Martin che, con un paio di occhiali, scarabocchiava febbrilmente su un pezzo di carta le idee per la copertina.
John sorrise: quell’atmosfera familiare lo faceva sentire a casa, proprio come ai vecchi tempi…
Ad un tratto Paul rivolse lo sguardo verso di lui e, senza smettere di saltellare, gli strizzò l’occhio; George allora alzò la testa e strabuzzò gli occhi nel vederlo sulla soglia della porta con un’espressione alquanto ebete, e gli chiese:
-Che succede Johnny? Ti sta andando a fuoco la casa?-
-Ti ha chiamato quella tizia mezza stramba?- Domandò Ringo.
Paul smise di saltellare e gli scoccò un’occhiata minacciosa, poi disse.
-Beh, allora?-
-Ho scritto una nuova canzone!- Esclamò euforico John.
-EVVAI JOHNNY!!- Esultò Ringo alzandosi e soffocandolo in un abbraccio.
-Già, ma non so bene come impostare la melodia, e inoltre mi mancano delle prole qua e là..- Sussurrò John con il fiato corto.
-Non importa, ci lavoreremo!- George Martin, fino allora rimasto zitto, saltò in piedi e si avvicinò a John, con una nuova luce negli occhi: finalmente i Beatles stavano cominciando a tornare come prima dopo tutta quell’India.
-Ok.. – John sorrise e imbracciò la chitarra.
-Vediamo.. come potreste iniziare? Allora, io ci metterei un bell’organo con contorni di violino e…- George Martin si fregò le mani, cercando di riportare un po’ di onore alla sua orchestra classica.
-Emh, non è per contraddirti, George… ma ecco io pensavo una cosa più sull’indiano, tipo sitar e roba del genere- Si intromise flebile George Harrison.
Martin si lasciò sfuggire ad un’espressione di disappunto “Dannazione.. non ha dimenticato l’India”.
-Ehm, si George.. vedi, questa è l’era del psichedelico.- Intervenne John.
-Pensavo che dettaste voi le ere..- Borbottò Martin.
-Hey! Ha ragione!! Io mi associo- Paul riprese a saltellare e raggiunse George Martin.
-Oh, Paul.. abbiamo già dettato la moda di quest’anno con i baffi; vuoi fare qualcosa di nuovo e adeguarti ai tempi o continuare a fischiettare She Loves You? Il mondo là fuori sta cambiando Paulie. Non ci sono più i mods e i rockers, nemmeno i Beatles con il loro taglio a caschetto, ora è il tempo del Peace and Love- John aveva parlato. E con una sola frase era riuscito a centrare il problema. Tipico.
-E che.. non lo so Johnny. Tutto ciò mi affascina quanto mi spaventa. Stiamo cambiando, ci stiamo evolvendo, ma mi sembra che tutto questo si stia lentamente consumando, e presto si spegnerà come una candela.- Paul si rattristò.
John si avvicinò a lui e gli scompigliò i capelli.
-Paul, Paul, Paul.. il futuro è futuro. Concentriamoci sul presente.-
-Se mai dovessimo separarci so di per certo che non ci dimenticheranno…- Intervenne Ringo.
Paul abbozzò un sorrisetto e George sbuffò.
-Credi davvero che si vogliano dimenticare una bella faccia come la tua?-
Paul rise e trascinò a ruota gli altri: la tensione almeno in parte si era affievolita.
George Martin sospirò, poi allargò le braccia e disse.
-Va bene, fate come volete, di questo non m’impiccio. Tuttavia… so di uno strumento appena uscito in commercio che farà al caso vostro…- Cominciò ad avviarsi verso la cabina di regia.
-Quale Georgie?- Domandò John.
-Il Mellotron- Dichiarò Martin.
-Il M…come scusa?- Paul smise di saltellare.
-Sarà un’altra sciocchezzuola per cori di chiesa- Brontolò George Harrison.
-Non lo so, non lo conosco ancora bene. Ma so che ha l’aspetto di un piccolo piano- Esclamò euforico Martin.
-Oh, grandioso. Proprio quello che non so suonare.- Sbottò il chitarrista.

-Ma insomma George! Che cosa ti sta succedendo? In questi ultimi giorni sei più pesante di Ringo durante uno dei suoi complessi di inferiorità!!!- Urlò Paul.
-HEY! Non mi chiamare in causa…- Balbettò Ringo da dietro la batteria.
John fulminò Paul con lo sguardo. Ci mancava solo che il batterista si offendesse e se ne andasse un mese prima dell’uscita del disco.
-Sì, insomma George. Tralasciando Ringo,- Il batterista alzò gli occhi al cielo e spalancò le braccia.
-Sei ancora più musone del solito. È successo qualcosa? Che cosa ti ha inculcato in quella testolina bacata Ravi Shankar?- Chiese John.
-Niente. Solo che io ho il cuore ancora in India. Per me è stata la cosa importante del 1966; dopo questa esperienza tutto mi sembra molto difficile. Essere un cantante è un lavoro, ed è qualcosa che io non voglio fare veramente. Sto perdendo interesse per tutta la gloria che circola attorno ai Beatles.- George disse tutta la verità.
-Cosa stai dicendo? Vuoi.. vuoi abbandonare i Beatles?- Balbettò Paul.
-No. Ma stiamo facendo qualcosa che a me non piace, e lo sto facendo controvoglia. Tutto qui.-
-‘Affanculo!- Sibilò John. Scese dalla panca da dove era seduto e afferrò la sua chitarra.
-La volete provare o no questa cazzo di canzone?-
Paul lo seguì e si posizionò da un microfono, John si avvicinò a quello opposto, Ringo da dietro la batteria alzò le spalle e disse
-Sono sempre stato qui, ad aspettarvi.-
John osservò George: sembrava che il suo sguardo lo passasse da parte a parte.
George rimase per un po’ a fissare gli occhi caldi di John. In fondo, quanto valeva la sua ossessione per l’India in confronto al bene che voleva a quei quattro bastardi? Cosa c’era da perdere?
Sorrise.
-Okay. Quale è la prima nota?- Si alzò e si avvicinò a Paul.
-Fammi spazio.- Paul lo guardò strano.
-Beh, che c’è? Sono forse un fantasma?-
Paul sorrise e quasi pianse di gioia.
-Bentornato Beatle tranquillo-
-Vi voglio bene! Sul serio ragazzi, siete meglio delle soap-opera del sabato sera, ma ora.. VOLETE COMINCIARE SI’ O NO QUELLA STRAMALEDETTISSIMA CANZONE?? Mi sta venendo la barba!- Brian Epstein, chiuso nella sala regia, aveva seguito tutti gli scambi di battute tra i quattro, e accanto a lui c’era George Martin che se la rideva.
-Hey c’è Eppy!- Lo indicò John.
-Eppy!- Esclamarono Paul e George.
-Che ci fai qui?- Domandò Ringo.
-Ho portato il Mellotron-.
-Ah. Grazie. Ma noi non… GEORGE!- Paul si voltò verso Martin, che prese a salutarli dalla cabina regia.
-Okay, lo useremo.- Sospirò rassegnato.
Brian disse
-Cantate fin dove sapete, tanto per avere un’idea di come volete impostare le cose-
John si avvicinò a Paul e George e fissò il testo della canzone al microfono; poi si girò verso Ringo.
-Allora Ritchie, tu entrerai all’ ultima battuta; Paul, fammi un bel giro di basso fin dall’inizio, e voglio un bel controcanto; George, tu comincia suonare alla seconda strofa; George Martin… tu distorcimi la voce- John gli strizzò l’occhio e Martin dalla cabina sorrise e alzò il pollice, poi si mise a trafficare con i suoi strumenti.
-ONE, TWO, THREE, FOUR!- Urlò John. E poi cominciarono.
La voce calda di John, distorta da una serie di echi, usciva profonda e veloce dal microfono, il basso di Paul scandiva il ritmo della canzone in maniera perfetta; sembrava che l’avessero già provata più e più volte, e quella fosse la versione definitiva; ma no.. era la prima volta.
John arrivò alla fine della seconda strofa e la sua voce cambiò: gli echi sparirono e la voce venne fuori nuda e cruda; lui guardò Martin e sorrise.
Alla seconda strofa George cominciò la sua magia, muovendo le dita sui capotasti e il pollice della mano destra sulle corde, velocemente..
All’ultima battuta Ringo entrò con la sua rullata e tutti i pezzi del puzzle finalmente si completarono; John cantò l’ultima nota, e Paul si alzò sulle punte dei piedi e si sporse verso di lui, per aggiungere il controcanto di un’ottava più alta.
Tutto finì, e la magia che li circondava scoppiò come una bolla di sapone; si ritornò alla realtà.
Dalla sala regia George Martin, quasi commosso, si tolse le cuffie e si complimentò
-Ragazzi, non so che dire… mi avete fatto venire un brivido lungo la schiena.-
Brian sorrideva felice, e fissava ad uno ad uno i suoi ragazzi: quanto erano cambiati.. erano maturati, ma in fondo erano rimasti i quattro ragazzotti di Liverpool con un sogno nel cassetto e pochi soldi in tasca.
-John, che cos’hai?- Domandò Paul preoccupato: il suo fedele compagno di vita aveva una mano premuta prepotentemente sulla fronte.
-Mh.. niente. Un po’ di mal di testa. Ora prendo un anfetaminico.- John cominciò a rovistare nella sua giacca; dopo poco ne estrasse un flaconcino, lo stappò e ne bevve un sorso, poi si riposizionò accanto a Paul.
I ragazzi lo guadarono preoccupati, lui si passò la mano tra i capelli e se li scostò dal viso, stava cominciando a sudare.
-Johnny, sei sicuro di stare bene?- Chiese Paul.
-John sei tutto rosso..- Intervenne George.
-E stai sudando.- Puntualizzò Ringo.
-Sì, diamine! Sto bene. Ora venite qui e proviamo di nuovo la canzone, dobbiamo decidere dove aggiungere il suono del Mellotron.- John si asciugò la fronte, poi si girò verso il microfono e cacciò un urlo.
-JOHN!!- Paul corse preoccupato verso di lui; George lasciò cadere la chitarra e aiutò Paul a sostenere John che si stava accasciando sul pavimento, Ringo si disincastrò dalla batteria e prese un panno bagnato, poi lo appoggiò sulla fronte del chitarrista.
-Che è successo? Mi sento male-
Dalla cabina regia stavano uscendo preoccupati George Martin e Brian Epstein, che si avvicinarono a John. Brian prese la testa del cantante tra le mani e disse
-JOHN! Cazzo, John. Che ti succede?-
-Mi sento crepare.. ho bisogno di aria.- A quelle parole i cinque si guardarono inorriditi, poi fu George Martin a parlare.
-Lo porto sul tetto- Mise un braccio attorno alla spalla del chitarrista e lo tirò su, aiutato da Ringo, poi lo guidò verso le scale che conducevano al tetto degli Studios.
-Va bene. Noi intanto cerchiamo di capire cosa è successo.- Paul cominciò a frugare nelle tasche della giacca di John.

Intanto George Martin e John erano arrivati sul tetto: era una magnifica notte stellata e John alzò lentamente la testa, poi si staccò dalla presa di Martin e barcollò verso il parapetto.
Martin lo seguì e si mise accanto a lui.
John guardò le stelle e disse
-Non sono fantastiche?-
George rispose
-A me sembrano solamente stelle-
John sorrise, poi si battè la mano sulla fronte
-Porca…-

-Sta a vedere che…Non ci credo!- Esclamò Paul, annusando il flacone.
-Ecco, George. Vedi se ne riconosci l’odore.-
George avvicinò il flacone al naso e poi fece una smorfia.
-Accidenti sì! Non è possibile… deve averlo preso per sbaglio.-
Passò il flacone a Ringo che l’annusò a sua volta
-Sono d’accordo con George. John non è il tipo che fa queste cose, per lo meno non in Studio. E poi, non l’ha mai preso da solo.-
Brian si avvicinò, i tre gli passarono il flacone e lui lo osservò sbigottito
-Non c’è dubbio ragazzi, lo è-

John scese lentamente le scale, seguito da George Martin che lo fissava come se dovesse sgretolarsi da un momento all’altro.
Il cantante guardò i suoi compagni e rise, poi annunciò divertito.
-Mi sa che ho preso per sbaglio dell’…-
-Acido!- Esclamarono all’unisono i quattro Beatles e Brian.
-Acido? Intendete LSD? John, lo sai che non tollero quella roba in studio!- Lo rimproverò Martin.
-Lo so George, scusa.. ce l’avevo in tasca da chissà quanto-
-Accidenti Johnny… ci hai fatto venire una paura…- Paul battè una mano sulla spalla del suo compagno d’avventure.
-Temevamo il peggio..- Aggiunse George.
-Invece ti stavi facendo uno dei tuoi soliti giochi mentali!- Rise Ringo, spalancando gli occhi azzurri.
-Già.. beh, non è stato proprio un male, sapete? Ho trovato le parole che mancavano alla mia canzone!- John rise assieme agli altri, e aggiunse le ultime parole a quella che sarebbe stata la canzone più chiacchierata di tutti i tempi…


IL QUARTO CAPITOLO!

SPOILER (click to view)
Che fatica essere il figlio di un Beatle...

Mercoledì 1 Marzo 1967

-Jules…- Chiamò John, infilandosi la giacca.
-Sì?- Julian scese trafelato le scale, con la cartella in mano e la giacca scombinata.
-La mamma non può accompagnarti a scuola, perciò lo faccio io. Vieni, piccolo.- John gli sistemò la giacca e gli prese la cartella; Julian allungò timidamente la manina verso quella del padre e John sorrise, poi la prese nella sua ed uscirono dalla porta.
Appena misero un piede sugli scalini della porta un’orda di ragazzine accerchiò John, rischiando di calpestare Julian, provando a toccare il loro Beatle preferito.
John cercò Julian con la mano e, facendosi largo tra le fan, lo prese in braccio e se lo mise sulle spalle, poi inforcò gli occhiali da sole e spintonò le ragazze cercando di raggiungere la limousine.
Aprì la portiera con fatica e mise al sicuro suo figlio dentro la macchina, salì al posto di guida e accese il motore, con una voglia assassina di investire una per una le ragazze.
-Allora..- Ansimò John, sorridendo.
-Hai capito perché non ti accompagno mai a scuola?-
Julian, dal sedile posteriore, annuì, osservando interessato una fan che si spiaccicava contro il vetro della macchina.
-Ah, non ti preoccupare.. fanno sempre così.- Lo rassicurò il padre, facendo spallucce.
-Se lo dici tu…-
-Certo, certo.. non starti a preoccupare Jules. Piuttosto, oggi dirai alla tua amichetta Lucy che le ho composto una canzone in suo onore grazie al tuo disegno?- Julian arrossì.
-Non saprei..- Balbettò. –Mi vergogno..-
John sorrise sotto i baffi (letteralmente!!): piccolo Julian, assomigliava ogni giorno di più a lui.
-Hey, ometto! Le donne adorano essere nei pensieri di qualcuno!- Sogghignò guardando la strada.
-Sei sicuro?- Sussurrò il piccolo, abbassando lo sguardo.
-Ma certo! E, anzi, guarda. Puoi anche presentarmela. Sono curioso di vedere dal vivo la cara ragazza dagli occhi di caleidoscopio.- Canticchiò John.
Julian alzò un sopracciglio
–Ti stai ammattendo anche tu?-
John rise.
–Piccolo Julian, io sono John Lennon, sono sempre stato così!-
Julian sorrise
–Povera mamma…-
John svoltò nell’ingresso della scuola materna, e arrivò al limite del parcheggio, poi si coprì il viso con un cappello calato sugli occhi, indossò nuovamente gli occhiali e cautamente aprì la portiera.
Julian gli urlò dietro
-Papà, sei sicuro che non ti riconosceranno? Sanno che sono tuo figlio…-
-Shhh, ometto! Se scoprono chi sono, per me è finita.- John fece scendere Julian e gli prese la manina, poi si mise in spalla la cartellina e si avviò verso l’entrata.
Fuori la piazza era affollata da madri e figli, visto che erano in anticipo sulle lezioni di sette minuti, e tutti si girarono verso di lui, prima posando lo sguardo sull’impermeabile di John lungo fino ai piedi, poi all’esuberante cappello portato sopra ad un paio di occhiali da sole, infine si spostarono su Julian, e mormorarono tra loro
-Certo che Cynthia ha un bel coraggio ad affidare suo figlio a quel tipo, io non lo farei mai.-
E una mamma si intromise ne discorso, sognante
-Se per una volta ancora lo accompagnasse il padre-

Julian sentì ciò che aveva detto la madre, e si voltò verso John, vedendo che stava sogghignando di gusto.
John e Julian si fermarono al centro della piazza, e il padre si chinò sulle ginocchia e si avvicinò all’orecchio del figlio, sussurrando
-Allora, Jules. Dov’è Lucy?-
Julian scrutò la folla per un po’ di secondi, poi sussurrò anch’ egli al padre.
-È laggiù papà! La vedi? È quella bimba con i capelli biondi vicino alla mamma con il cappotto verde.-
-Ah, sì! Beh, andiamo?-
Julian arrossì, e John lo spinse lievemente con una mano.
-Su su, Jules. Hop!-
Julian si avvicinò titubante alla bimba, e lei quando lo vide lo abbracciò felice
-Julian! Sei arrivato!-
John sorrise, e si avvicinò al figlio, posandogli una mano sulla spalla.
La mamma gli lanciò uno sguardo strano, come se sapesse esattamente di averlo già visto da qualche parte, ma nel contempo gli incutesse un po’ di paura.
-Julian, cosa dovevi fare ora?- Bisbigliò John all’orecchio del figlio.
-Ma papà.. oh, va bene…- Mormorò imbarazzato il piccolo.
-Lucy… ecco, io.. ti ricordi ieri quando la maestra ci ha fatto disegnare con i pastelli?-
Lucy lo guardò interessata, annuendo.
-Beh, io.. io ho disegnato te nel Cielo con i Diamanti, e… quando sono tornato a casa, beh, papà stava lavorando ad una nuova canzone e… tu ne sei la protagonista. L’ha dedicata a te.- Balbettò Julian, tutto rosso.
Lucy sorrise radiosa e si gettò al collo di Julian abbracciandolo.
La mamma, divertita, chiese
-E come si chiama la canzone dedicata a Lucy?-
Fu John a rispondere.
-Lucy nel Cielo con i Diamanti- Poi sbirciò l’orologio: mancava un minuto alle otto.
-Beh, Jules. Devo andare in studio a registrare la canzone… ti verrà a prendere Paul, d’accordo?- John schioccò un bacio al figlio, che annuì.
-Sì, papà.-
John sorrise, poi posò lo sguardo su Lucy e sua mamma, che avevano capito chi fosse l’uomo misterioso e avevano entrambe le mani sulla bocca.
John rise, poi si tolse il cappello.
-A stasera Jules! Ti voglio bene.- Disse al bimbo, mentre un’orda di fan impazzite urlava

-Guardate! C’è John Lennon!-
-Era lui l’uomo misterioso che accompagnava Julian!!-
-Che fortunate che sono Lucy e sua madre!

Julian si picchiò una mano sulla fronte, mentre osservava il padre correre verso la macchina.
-Accidenti…- Mormorò.
Lucy gli si avvicinò comprensiva e gli prese la mano, poi assieme entrarono in classe.

Pomeriggio, ore 16

Julian uscì dalla porta della classe, accanto a lui Lucy.
-Julian, stamattina non sono riuscita a ringraziarti per la canzone-
-Io non ho fatto niente, è stato mio padre.-
Lucy gli schioccò un bacio sulla guancia.
-No, non è vero, sciocco.. il disegno l’hai fatto tu. Resterai sempre il mio migliore amico, Ju.-
Julian la abbracciò.
-Anche tu, Lu.-

-JULIAN!- Una voce familiare lo chiamò.
Lucy lo guardò sarcastica
-Adesso non dirmi che ti è venuto a prendere Peter Sellers-
Julian scoppiò a ridere.
-No, no.. però quasi.-
E si avvicinò all’uomo.
-Ciao Paul-
Lucy fissò Paul con gli occhi spalancati, lui sorrise e si accucciò, guardando la ragazza.
-E questa bellissima ragazzina chi è, Jude?-
Lucy abbassò lo sguardo, imbarazzata
-Mi chiamo Lucy O’Donnel, signore-
Paul le strinse la mano
-Ah, quindi tu sei la famosa Lucy in the Sky with Diamonds-
-Sissignore- Mormorò lei.
-Mi ha fatto piacere conoscerti, Lucy. Ora capisco perché Julian ha scelto te tra tante altre.- Rise Paul, poi la salutò con la mano.
-Dai vieni ometto, dobbiamo andare in studio, prima che…-
Paul non riuscì a finire la frase

-GUARDATE C’È PAUL McCARTNEY!-
-PAUUUUUUUUUUL!!!! TI AMO!-
-PAUL SPOSAMIIII!!!!-

-Gambe in spalla Jude!- Esclamò Paul, cominciando a correre.
Julian sospirò: che fatica essere il figlio di un Beatle…


IL QUINTO CAPITOLO!

SPOILER (click to view)
Lucy in the Sky with Diamonds - Per sempre nel mio cuore

Lunedì 28 Settembre 2009

Sono qui. Lucy, sono qui.
Con te.
A guardare questa lapide fredda e bianca, a toccare la tua foto. Sorrido, mentre una lacrima compie il suo giro solitario.
È così triste pensare che proprio ora che avevamo ripreso i contatti, il destino abbia deciso di allontanarti per sempre da me. Lo so, questa storia l’avete già sentita con mio padre e mia nonna, Julia.
Deve essere la Maledizione dei Lennon.
Ricordo i tuoi bellissimi capelli biondi; quarantadue anni fa ne andavo matto.
Quarantadue anni fa. Mi sembra ieri che ti vedevo arrivare a scuola sempre in ritardo, con le guance arrossate dal freddo; e la tua mamma si fermava a parlare con la mia..
Papà non mi portava né mi veniva a prendere quasi mai.. aveva paura della reazione delle mamme; e, soprattutto, della mia mamma.
Mio padre, John Lennon. Il mio caro papà.
Soltanto poche volte mi aveva portato all’asilo, in braccio, una era nel 1966; mi ricordo che appena varcò la soglia e mi posò a terra schioccandomi un bacio sulla guancia e dicendomi “Vai, Julian. La mamma passerà a prenderti alle quattro”, ogni ragazza, mamma, bambina, bambino, papà lì presenti lo avevano accerchiato.
Soltanto tu, Lucy, ti eri avvicinata a me e avevi chiesto “Jules, perché quelle signore accerchiano il tuo papà?” con quella vicina dolce e flebile. E io avevo fatto spallucce e ti avevo preso per mano, portandoti da papà; lui ti aveva salutato suscitando l’invidia di decine di bimbe, poi ci aveva visti allontanare mano nella mano.
Un’altra volta era stata nel 1967, soltanto il giorno prima io avevo portato a casa un disegno che ti raffigurava, dando il via alla canzone più chiacchierata del secolo. Persino ora girano dubbi e leggende.
Ricordo che quella volta, invece, tu sapevi benissimo chi fosse mio padre, ma nulla era cambiato fra noi; nemmeno quando a prendermi era venuto Paul. Tu scherzando mi avevi chiesto se, dato che John Lennon mi accompagnava a scuola, magari a prendermi sarebbe venuto Peter Sellers. Invece no, non era Peter, ma quel giorno ti è rimasto impresso nella memoria; lo so, anche se non lo davi a vedere. In fondo, essere salutate da Paul McCartney e chiacchierare con lui non è proprio una cosa all’ordine del giorno.
Oh, beh, precisiamo. Per me sì. Ma non per una ragazza di provincia qualunque.
Ma era proprio questa la differenza tra te e una di quelle tante compagne che a tre anni mi accerchiava e mi contendeva per poi avere conoscenze all’interno dei Beatles, o essere semplicemente notate da mio padre o mia madre; tu eri diversa: eri semplice. E me ne sono accorto fin dal primo giorno di scuola

-Caro Julian!- Una ragazzina che avrà circa la mia età si avvicina. Ha i capelli rossi raccolti con una fascia, e da quanto si crede grande fa quasi paura.
-Scusa, ci conosciamo?- Domando io.
-Adesso sì. Mi chiamo Emily. Emily Clarkson- Mi risponde, sottolineando il nome e il cognome. Chissà, forse spera che me lo ricordi in modo da parlarne a mio padre.
-Allora, come sta Johnny?- Domanda lei, come se ci conoscessimo da sempre.
-Come scusa?-
-Ma sì, Johnny. John Lennon. Tuo padre…-
-Oh, sta bene grazie.- E cambio posto, lasciandola delusa: non era di certo la reazione che si aspettava.
Mi siedo nell’altro tavolo, e l’unico posto libero è quello vicino ad una ragazzona mora con gli occhi neri, che frequenterà l’ultimo anno.
-Lei si gira e strabuzza gli occhi
-Non ci posso credere! Julian Lennon! Piacere, Anna Law. Mi chiamo così in onore di una canzone composta da tuo padre- Aggiunge, sbattendo le ciglia. Io cerco di non vomitarle addosso. (PS: la canzone è “Anna (go to him)” dell’album Please Please Me).
-Ah, sì? Giura! Io invece in onore di mia nonna!- E mi volto, in cerca di un po’ di pace.
Ma vicino a me c’è un’altra ragazza, del secondo anno, con i capelli castani e gli occhi verdi.
Faccio finta di cercare i pastelli nello zaino, nascondendo il mio viso, quando la ragazza vicino a me comincia a fissarmi, e poi mi riconosce.
-Julian! Ciao, io sono Michelle.-
-Oh, sei francese?- Domando io, più interessato.
-Ma no, sciocchino! È in onore della canzone di Rubber Soul!-
-Aaaah!- Oh, poveri noi!
Tempo zero che un’altra bimba mi si avvicina.
-Ciao Julian! Io sono Eleanor. Questo è il numero di telefono di casa. Dì a tuo padre di chiamarmi, dopotutto porto il nome di una delle sue canzoni!- E si allontana.
Io le urlo dietro
-Tecnicamente quella l’ha scritta Paul!-
-Julian… - Due bimbe gemelle, sui tre anni, camminano titubanti verso di me.
-Ciao!Mi chiamo Dizzy- Dice la prima.
-E io Lizzy.- La seconda.
Cos’è, il “Miss” lo avete lasciato a casa? O non c’erano abbastanza femmine nella vostra famiglia a cui darlo come nome?
-Ah, bene…-
Oh, povere bambine. Ma facciamo qualcosa! Dirò a mio padre di usare nomi normali per le sue canzoni, in modo da non sottoporre le bambine a questo scempio fanatico! Ci manca solo Misery. Ma sono sicuro che da qualche parte in questo asilo c’è.
-Ciao Ju!- No, già chi mi chiama Ju mi sta antipatico.
Mi giro, e una bambina sui cinque anni si aggiunge alle gemelle, e mi tende la mano
- Mi chiamo Misery.- Appunto.
Cercando di non scoppiarle a ridere in faccia, le rivolgo un sorriso falsissimo, e mi sposto sul tappeto, dove finalmente ho un po’ di pace.
-Scusami…- Una vocina flebile e dolce mi giunge all’orecchio, e io strillo esasperato.
-Sì, sono il figlio di John Lennon. Ma non presentarti neppure, non darmi neanche il numero di telefono di casa, tanto non ti chiamerà mai!-
-Veramente volevo dirti che sei sdraiato sul mio temperino…- Si imbarazza lei, abbassando lo sguardo.
Io alzo la pancia, rosso in viso, e lo scorgo: un temperino blu, il corpo del reato.
Glielo porgo timidamente, e intanto la osservo: è bionda, e ha due splendidi occhi blu.
-Tieni. Io sono Julian.-
-Ah. E a quanto mi hai detto prima sei il figlio di John Lennon. Piacere, mi chiamo Lucy O’Donnel.-
-Ciao Lucy.-
-Ciao. Senti, Julian… puoi rispondere ad una mia domanda? Ma chi è John Lennon?-
Mi ero sentito così sollevato che in quel preciso istante avevo già deciso il nostro futuro. Saresti stata l’unica a conoscere veramente mio padre.


Ed è stata proprio quella tua semplicità che mi ha fatto intervenire quando ho scoperto che eri malata di Lupus, donando soldi all’ospedale per cercare un rimedio e vendendoti a trovare con mia madre Cynthia, portandoti dei fiori ogni volta.
Ma a quanto pare non è bastato. Un’altra lacrima solca il mio viso, e si ferma alle labbra.
E ora vederti qui, toccare questa fredda lapide bianca, rivangando i ricordi, mi fa piangere.
Perché? Perchè ho perso la prima migliore amica che abbia mai avuto.
Non ce la faccio più a stare qui, mi dispiace Lucy. Ma tornerò domani, lo prometto. I tuoi parenti se ne stanno andando, e anche mia madre è alle porte del cimitero.
Lentamente lascio scivolare dentro al vaso di cristallo sulla tua lapide due rose rosse. Te lo ricordi? Erano i tuoi fiori preferiti.
Arrivederci, Lucy.
Mentre mi allontano e raggiungo mia madre, sulla lapide una scritta brilla per l’ultima volta

Lucy O’Donnel, in Vodden
1963- 22 September 2009


Nell’universo una stella ha cessato di splendere.








Edited by Grizabella - 30/4/2011, 15:17
 
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