"La vita triste con un genio egoista"

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Grizabella
view post Posted on 1/9/2010, 13:18




"La vita triste con un genio egoista"





LONDRA


"Sarei diventata la signora Lennon se avessi saputo a quali perdite, a quanti dolori, tragedie e sacrifici sarei andata incontro? Ancora oggi, quasi cinquant' anni dopo, non so rispondere. Se mi fossi tirata indietro, non avrei quel meraviglioso figlio che ho e non avrei preso parte a un' esperienza fantastica che milioni di fan dei Beatles avrebbero voluto fare. Non saprei scegliere neanche ora, col senno di poi". Cynthia Powell, la prima moglie, ha 66 anni, lenti da vista spesse davanti agli occhi, lo sguardo triste di chi ha avuto tanto e perso di più. Irriconoscibile da quella mitica foto del 1966 in cui "il club delle prime mogli" dei Beatles (Cynthia, Mo, Jennie e Patti) fu immortalato in costumi psichedelici. Da quando s' incontrarono al liceo artistico di Liverpool nel 1958, John e Cynthia trascorsero insieme dieci anni, dall' anonimato al momento più esaltante della beatlemania. Ora la trascurata prima moglie ha deciso di raccontare tutto in un libro, John (Ed. Hodder & Stoughton Ltd, 352 pagine, 30 euro; il secondo dopo l' innocente A twist of Lennon del 1978), "per far comprendere al mondo il prezzo che si paga a essere la signora Lennon". Gli stucchi della sala conferenze severa e altissima dell' edificio che ospita la stampa estera a Londra sembrano inadeguati per Cynthia, che con la follia dello show business ha avuto solo un incidente di percorso. Ora vive in Spagna con il quarto marito (il secondo è stato un albergatore italiano, Roberto Bassanini), vicino al figlio Julian, che ha 42 anni, ha scritto l' introduzione al libro della mamma, ma non riesce a rimettere in piedi la sua carriera, dopo un buon esordio nel 1984 e un letargo che dura ormai dal '98. La magra liquidazione di centomila sterline una tantum con cui Lennon prese le distanze dalla prima famiglia deve essersi esaurita da un pezzo. Oggi l' ex Beatles avrebbe compiuto 65 anni, se l' 8 dicembre di 25 anni fa non fosse stato assassinato a New York. Per l' occasione ci sono un mare di libri in uscita (compreso uno di Yoko Ono)), ma quello di Cynthia è senz' altro il più autorevole su quel periodo, gli Anni Sessanta, in cui i Beatles entrarono nella leggenda e un' artista giapponese mandò una famiglia in rovina e il gruppo più influente della storia del rock allo sbando. "Ho letto troppe inesattezze sulla mia vita e su quella di John e dei Beatles. Il modo migliore di fare chiarezza era avere un libro scritto da un insider. Ma c' è anche un altro motivo per cui l' ho fatto: volevo raccontare questa storia a Julian. Entrambi siamo cresciuti all' ombra di John, mio figlio è un ragazzo ferito, tutta la sua esistenza è stata condizionata dal fatto di essere il bambino abbandonato di Lennon. Volevo ridargli quel senso di appartenenza che gli spetta. Sembrerò un po' drammatica, ma spero che quando leggerà questo libro, magari quando non ci sarò più, Julian recuperi quell' amore che il padre gli dimostrò solo in tenera età e finalmente comprenda che non fu lui a tradirlo, ma la vita stessa". Cynthia parla sommessamente, ma ha voglia di raccontare proprio tutto, dall' inizio.

Sarei diventata la signora Lennon se avessi saputo a quali perdite, a quanti dolori, tragedie e sacrifici sarei andata incontro?”, inizia così il racconto confessione della prima moglie di John, Cynthia. Che siamo andati ad incontrare a Londra, dove rivela: “Non odio Yoko Ono, sono state le droghe e l’ansia creativa ad avermi allontanato da mio marito. Adesso lei la vedrei volentieri per un tè”

«La mia era una famiglia felice che viveva in un appartamento minuscolo. John invece viveva con sua zia Mimi in una casa enorme. Il fatto che io fossi più borghese di lui era un gioco che ci faceva ridere, in realtà al di là dello stereotipo della "posh girl", la mia educazione e quella di John erano molto simili. Diversissimo era invece il nostro background familiare. Io non avevo mai sentito i miei dirsi una parola spiacevole, John, al contrario, aveva avuto un' infanzia drammatica. L' unico rapporto affettivo l' aveva stabilito con suo zio George, che morì tragicamente. Mimi, purtroppo, era una zia decisamente fredda e inespressiva». In altre biografie la zia Mimi è stata descritta come l' amorevole tutrice di John, quella che si occupò di lui con la premura di una vera madre. Cynthia non è di questo parere. «Ho vissuto con lei tutto il periodo della gravidanza e dell' allattamento e so bene che era assolutamente incapace di dare affetto. La verità è che Mimi strappò John alla madre con l' inganno: spifferò agli assistenti sociali che sua sorella era stata abbandonata dal marito, viveva con un altro uomo e il bambino non era al sicuro. Fu così che ottenne l' affidamento. John era felice con sua madre: lo copriva di coccole, ballavano insieme, gli insegnava a suonare il banjo. Ma quell' affetto gli fu negato, e proprio per questo crebbe a dismisura. Mille volte John mi ripeteva: "Se potessi fuggire lo farei, per tornare al mio porto sicuro, da mia madre". Sfortunatamente, proprio nel momento in cui la relazione madre-figlio si stava rafforzando, Julia morì in quell' orribile incidente, nel 1958, travolta dall' automobile di un poliziotto ubriaco fuori servizio». Uno dei lati del carattere di Lennon che raramente è stato messo in risalto dai biografi è la sua aggressività. Già prima del matrimonio ci fu un' occasione in cui John picchiò Cynthia. «Il nostro primo incontro però fu dolcissimo», ricorda. «Ci guardavamo da mesi, e nessuno osava fare la prima mossa. Poi finalmente c' incontrammo a una festa e sgattaiolammo nell' appartamento di Stuart Sutcliffe (membro dei primissimi Beatles, ndr), e lì consumammo il nostro amore. Mi resi subito conto che John era gelosissimo e insicuro. I disagi familiari avevano accentuato fino all' ossessione il suo carattere possessivo. Mi voleva disperatamente, ma non passava giorno in cui non cercasse di mettermi alla prova, riempiendomi di domande, sperando di indurmi a confessare presunte infedeltà. E se le risposte non erano all' altezza delle sue aspettative, sprofondava nella depressione. Accadde che a una festa di amici mi vide ballare con Stuart Sutcliffe e diede per scontato che tra noi ci fosse del tenero. La mattina dopo mi fece la posta al college, accanto al bagno delle ragazze. Sbucò dal nulla, mi colpì in pieno volto e scappò via. Mi dissi: "Posso sopportare le ingiurie e la gelosia in nome dell' amore che gli porto, ma non la violenza fisica". Fu la fine del nostro rapporto, ma solo per tre mesi». Neanche la rapida ascesa dei Beatles portò pace nella coppia. Cynthia restò incinta, ma il manager Brian Epstein insisteva che non era saggio: i Beatles dovevano restare eternamente celibi agli occhi delle fan. «Ero disperata. A quei tempi le ragazze madri venivano messe al bando e i bambini dati in adozione. John mi sposò nel 1962, poi mi nascose in casa di Epstein. Le fan furono in realtà molto comprensive quando le prime foto di Julian apparvero sui tabloid alla fine dell' anno successivo». Più la popolarità dei Beatles cresceva, più profonda diventava la voragine che separava la coppia. Era come se Cynthia non riuscisse ad adattarsi ai nuovi ritmi; non era facile per una madre con bambino tenere il passo con quella crescente frenesia. «A New York, con il bambino al seguito, in mezzo a tutta quell' isteria, restavo sempre indietro, e lui mi gridava: "Perdio, Cyn, ma perché sei così lenta, perché sei sempre in ritardo?". Anni dopo, a Londra, avrei perso il treno per Bangor, dove il Maharishi aspettava la band, perché John, arrivati in ritardo alla stazione, si mise a correre verso la carrozza, noncurante di me e del bambino che arrancavamo dietro di lui con i bagagli».

La fuga negli allucinogeni

La voragine diventò un baratro quando John incominciò a sperimentare le droghe. Cynthia decise di provare l' Lsd per cercare di entrare nel suo mondo, ma i risultati furono disastrosi. «Rimasi scioccata da quell' esperienza, ma insisto: fu la vita a separarci, il fatto che John trascorreva sempre più tempo lontano da casa, da suo figlio. L' entusiasmo per l' Lsd fece il resto. Ma la creatività di John aveva bisogno di quegli spazi, di quella libertà creativa che poi ha prodotto tanti capolavori. La vita procede a fasi. Io ho fatto parte di quella in cui John aveva bisogno di stabilità». La stabilità non è terreno fertile per il genio. E le stagioni della vita delle rockstar si consumano più in fretta di quelle dei comuni mortali. Cynthia e i Beatles erano diventati sintomo di letargia fatale per il suo spirito irrequieto. Alla fine degli anni Sessanta, John stressò la situazione in modo che entrambi uscissero dalla sua esistenza. Per farlo aveva bisogno di una complice, una compagna di vita meno "posh", più spregiudicata e matura, più sfrenatamente artista. Yoko Ono faceva già parte del suo metabolismo quando ancora Cynthia neanche aveva il sospetto del tradimento. «John si nutriva ormai esclusivamente di esperienze straordinarie. Non posso biasimare Yoko per aver distrutto i Beatles. Sarebbe successo comunque. Ha solo accelerato i tempi». Cynthia scoprì di persona che una giapponese aveva preso il suo posto, non ci fu mai un confronto diretto con il marito prima del divorzio. «John sapeva che quel giorno sarei tornata da una vacanza. In casa c' era uno strano silenzio. Spalancai la porta, erano in soggiorno, seduti per terra uno davanti all' altro, Yoko con indosso il mio accappatoio, era chiaro che aveva passato lì la notte. Non sapendo che dire, ripetei la frase che mi ero preparata durante il viaggio ma che a quel punto non aveva più senso: "Ciao John. Oggi ho fatto colazione in Grecia e pranzo a Roma. Possiamo cenare insieme a Londra stasera, sarebbe perfetto". Lui, perso negli occhi di lei, rispose: "No, grazie"». Una crudeltà premeditata che Cynthia sorprendentemente è pronta a giustificare: «Sapeva che stavo arrivando, l' avevo chiamato da Roma. Non so quale fosse il suo stato mentale quel giorno. Magari si erano fatti di acido tutta la notte». La prima moglie di Lennon è stata ripetutamente accusata di aver subito troppo passivamente quella separazione: «Cosa avrei potuto fare? Ero già stata messa alla porta. A Yoko fu persino permesso di entrare negli studi di registrazione, cosa che a tutte noi era stato vietato per anni. Paul (McCartney) fu l' unico a farsi vivo. Venne da me con una rosa, mi disse: "è spaventoso, non so come sia potuto succedere". Poi, per tirarmi su: "Hey Cyn, perché non ci sposiamo noi due? Questo sì che farebbe notizia". Ma so che più di ogni altra cosa si preoccupava per Julian. Fu quello il periodo in cui scrisse per mio figlio Hey Jude, che inizialmente si chiamava Hey Jules. Un inno dei Beatles e la fine della loro storia. Era il 1968».

Paul McCartney
“Hey Jude” era un messaggio
ottimistico di speranza per Julian:
“Dai, ragazzo, i tuoi genitori
divorziano ma andrà tutto bene



Pochi momenti felici
Quando restiamo soli, dopo l' incontro stampa, s' illumina ricordando gli anni trascorsi a Pesaro con Bassanini. Prova a parlare in italiano, ma ormai è inesorabilmente misto a spagnolo. «Le mie relazioni con gli uomini che sono arrivati dopo John non sono state facili», ammette mentre scendiamo lungo la scalinata vittoriana, verso Golden Square. Ancora oggi la prima signora Lennon prova verso Yoko sentimenti contrastanti. Mai odio, solo un senso di inadeguatezza nei confronti di una rivale che la fece sentire "artisticamente" inadeguata. La reazione non sarebbe stata la stessa se la seconda signora Lennon fosse stata una sciùra qualsiasi. «Sarò un' illusa, ma vorrei provare ad avere una conversazione decente con lei, per conoscere la donna che in qualche modo ha cambiato il corso della storia del rock. Ma non c' è verso, non me ne ha mai dato l' opportunità. Julian e Sean sono fratellastri, dovrebbero conoscersi meglio, sentirsi regolarmente. Spero che un giorno, quando Sean sarà un po' più maturo e i vecchi rancori si saranno placati, i due saranno in grado di sedersi in un pub, bere una birra insieme e parlare del padre». Ci sono stati dei momenti in cui è stata veramente felice con John? «Pochi. Una volta che, da studenti, restammo soli in casa sua. Mimi era andata a far visita a una zia e non riuscì a rientrare a causa della nebbia. Così restai a dormire da lui, finalmente in una vera casa, non nel sudicio appartamento di Stuart». Ha mai pensato di non usare più il cognome del suo primo marito? «Se l' ho conservato è solo per una ragione economica. Dopo la separazione, ho pagato conti salati. Chi comprerebbe un libro di Cynthia Powell?».


- Giuseppe Videtti



La fantasia al potere


GINO GASTALDO



Notate gli occhi, mai calmi, sempre vigili. In quello sguardo inquieto ci sono le tracce
della ricerca, dell’inseguimento, i segni tipici di chi per tutta la vita è corso dietro
a un fantasma, ovvero la canzone perfetta, capace di parlare per tutti e in tutti
smuovere la necessità di sognare un altrove, meglio ancora se un altrove realizzabile,
un anarchico guizzo di gloria poetica con cui costruire paesaggi. Forse la canzone perfetta
l’aveva trovata, era Imagine il magico mantra che dopo trent’anni ancora produce
effetti, ancora commuove, ancora ci costringe a pensare che forse un mondo migliore
potrebbe esistere. In fondo se mai una volta la fantasia è arrivata davvero al potere
è stato nelle canzoni di John Lennon, bagliori sfacciati di una nuova bellezza rivelata
a un mondo brulicante di giovani rivoluzionari. Di quella rivoluzione Lennon incarnava
in modo sublime l’innocenza, la sprovveduta e spavalda certezza di imminenti
cambiamenti, anzi il sospetto che già essere “uomini diversi” fosse una garanzia di riuscita.
Canzoni come nuova moneta di scambio, canzoni come finestre aperte sull’imprevisto,
canzoni come talismani.
Già nei Beatles aveva scavato ombre e lande desolate, aveva invitato tutti a salpare verso
l’ignoto nelle tenebre di Strawberry fields forever, aveva introdotto surrealismi raffinati
(Norvegian wood), elegie smarrite (Julia), varchi nel crepuscolo oppiaceo del dormiveglia
(I’m only sleeping), aveva giocato con spregiudicate capriole linguistiche (Come together),
travestimenti folli (I’m the walrus), evocato solidarietà collettive (Help) e nostalgiche
(In my life), sconvolto orizzonti spirituali (Tomorrow never knows) e infine scritto alcune
tra le pagine musicali più alte della storia della musica popolare, soprattutto l’enigmatica
A day in the life, la storia di un giorno, che sta alla canzone come l’Ulisse di Joyce sta
alla letteratura del Novecento. Poi ha proseguito da solo, tra disarmanti dolcezze dedicate
alla osteggiata consorte giapponese, smentendo se stesso e perfino il mito beatlesiano,
ha urlato come in una primaria terapia liberatoria contro la madre e il padre, ha scritto canzoni
di lotta, inni pacifisti e poi Imagine. Era soprattutto un modo di essere. Allora chiunque
avrebbe fatto molta fatica a distinguere la persona dal musicista. Quando usciva un
suo disco era un modo per sapere “chi” era in quel momento Lennon, cosa aveva da dire,
seppure non sempre in modo diretto, su quello che succedeva in giro. I suoi silenzi erano
i silenzi di una generazione, le sue intemperanza erano quelle di altri milioni, la sua a volte
ingenua volontà di sovvertimento era un monito e un imperativo categorico. Scriveva
canzoni ma era capace anche di riempire le capitali di tutto il mondo con manifesti di auguri
o di inviare ghiande ai capi di stato perché riflettessero sul bisogno di “piantare” nuovi
semi. Pubblico e privato si confondevano, erano poli mescolati in un concetto di vita come
manifestazione costante di un pensiero. E le canzoni erano il frutto di questa scelta.
Quando è stato ucciso, è morto con lui un modo di intendere la musica. Poco dopo
scompariva l’altro grande sognatore Bob Marley. Calava il sipario su una stagione che era
stata caratterizzata da una sorta di frenetica creatività militante. Questo era in fondo Lennon,
un guerriero che aveva scoperto nelle canzoni un modo di giocare con l’universo.



JOHN LENNON: LA VITA

L’INFANZIA

John Lennon nasce
a Liverpool il 9 ottobre
1940. Dopo
la separazione
dei genitori è affidato
alla zia Mimi. Nel ’52
si iscrive alla Quarry
Bank High School

I PRIMI BEATLES

Nel 1957 Lennon
incontra Paul
McCartney. Due anni
dopo i Quarry Men,
primo gruppo fondato
da John, il nome
della band diventa
Silver Beatles

IL SUCCESSO

Il 4 ottobre 1962
esce “Love Me Do”.
Per i Beatles
è il successo:
la canzone
fa conoscere
al mondo una nuova
realtà musicale

Edited by Grizabella - 8/12/2010, 15:28
 
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¬B i k e
view post Posted on 1/9/2010, 15:51




Un font più grande potevi usarlo? xD
 
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Grizabella
view post Posted on 2/9/2010, 10:25




CITAZIONE (¬B i k e @ 1/9/2010, 16:51)
Un font più grande potevi usarlo? xD

Ahaha scusa ticket :D spero che comunque si capisca... sennò lo ingrandisco :)

P.S: hai cambiato nickname?? :P
 
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Grizabella
view post Posted on 10/9/2012, 17:01




CITAZIONE (Grizabella @ 1/9/2010, 14:18) 
Irriconoscibile da quella mitica foto del 1966 in cui "il club delle prime mogli" dei Beatles (Cynthia, Mo, Jennie e Patti) fu immortalato in costumi psichedelici.

tra l'altro credo si riferisca alla foto pubblicitaria della Apple, ma Jenny (e non Jennie -.-) non è una moglie, ma la sorella di Pattie (e non Patti)! La fidanzata (e non moglie!!!!) con la lettera J è Jane... :angry:
 
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3 replies since 1/9/2010, 13:18   765 views
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